Catalyst > “Laggiù qualcuno mi ama” recensione di Edoardo Rossi

Laggiù qualcuno mi ama

Un viaggio nel cinema e nella vita di Massimo Troisi

Con il film documentario “Laggiù qualcuno mi ama” il regista Mario Martone ripercorre la carriera e, soprattutto la vita, di Massimo Troisi sia come comico e regista che, soprattutto, come uomo. Martone infatti con il suo film riesce a far rivivere allo spettatore la bella e travagliata carriera di Massimo Troisi, partendo dagli esordi con il trio comico napoletano “la Smorfia” fino all’arrivo sul grande schermo come attore e come regista.

Ma non solo, si spinge oltre, perché in particolare pone l’attenzione sulla vita privata di Massimo, lo fa con il massimo rispetto e la delicatezza giusta per scavare nel profondo e mostrare al pubblico quello che è stato e, sempre sarà, Massimo Troisi. Importante se non fondamentale è la collaborazione di Anna Pavignano (sceneggiatrice di tutti i film girati da Massimo Troisi tranne “Non ci resta che piangere”), infatti grazie ad Anna vengono portati alla luce alcuni appunti scritti da Troisi (letti da attori come Toni Servillo e Pierfrancesco Favino, che riescono a dare quasi una seconda vita alle parole di Massimo) e alcune registrazioni inedite che riescono a mettere in luce alcuni lati più nascosti della sua personalità. Mario Martone mette in evidenza anche il lavoro di Anna come sceneggiatrice nei film diretti da Troisi, film dove i personaggi femminili risultano veri, escono dalla classica rappresentazione della donna fragile, anzi la sovvertono: infatti è il personaggio maschile interpretato da Massimo la figura fragile della coppia, come ad esempio in: “Ricomincio da tre”, ponendo giustamente l’attenzione su quanto sia importante il messaggio di un film dove il protagonista accetta di crescere un figlio senza la certezza che sia il suo. Martone lascia parlare le scene dei film, come il finale del sopracitato, da sole, scene che toccano tematiche attualissime e che meglio non potrebbero essere raccontate se non raccontandosi.

Martone si servirà del cinema del registra francese Francois Truffaut, per aprire elegantemente l’argomento dei personaggi interpretati da Massimo Troisi nei film da lui diretti e creare con questi un parallelo. Grazie infatti all’introduzione di Martone e all’alternarsi di scene estratte dalle pellicole di Truffaut e dai film di Troisi, anche lo spettatore meno avvezzo si renderà conto dell’evidente ispirazione creativa che Massimo ha ricevuto dalle caratterizzazioni dei protagonisti del cinema di Truffaut per scrivere i suoi personaggi. Il regista qua analizza riassuntivamente, ma con efficacia, i personaggi sempre fuori luogo e impacciati che Troisi mette in scena, riflettendo insieme allo spettatore sulla mimica dell’attore, che rende ancora più tangibili le scene di imbarazzo nelle quali viene immerso, scene che, come osservato da uno degli intervistati, il regista italiano Paolo Sorrentino, portano ad una risata quasi liberatoria.

Martone usa il giusto connubio tra immagini di repertorio, interviste e scene rievocative, non facendo stancare per un attimo lo spettatore, incuriosendolo sempre di più, il tutto con la colonna sonora delle iconiche canzoni del cantautore napoletano Pino Daniele, grande amico di Massimo.

Il film continua a ripercorrere la vita di Troisi, come un viaggio tra i quartieri della sua Napoli, partendo da San Giorgio Cremano fino agli ultimi giorni a Roma, ogni immagine di repertorio cerca di restituirci un tassello della personalità di Troisi, analizzando e raccontando i suoi più celebri lavori, da “Ricomincio da tre” a “Non ci resta che piangere”, fino a “Pensavo fosse amore invece era un calesse”, ultima opera di Troisi regista, ponendo l’attenzione sulla bellissima scena finale, anche in questo caso tutt’altro che banale.

In fine Mario Martone tratta l’ultimo film a cui Troisi ha partecipato, stavolta solo come attore, “Il postino”, un film divenuto iconico sia per il finale che per il triste epilogo della vita di Massimo, che vanno inevitabilmente a intrecciarsi l’uno a l’altro.

“Il Postino” viene raccontato tramite le interviste del regista Micheal Radford e del montatore Roberto Perpignani. È specialmente il secondo a raccontare come abbia vissuto tramite i suoi occhi lo sforzo di Massimo che, pur di completare le riprese, ha preso tempo per effettuare il necessario trapianto che forse gli avrebbe salvato la vita e che purtroppo era fissato per due giorni dopo la fine delle riprese e lui venne a mancare il giorno prima. Nonostante lo spettatore sia già a conoscenza del triste epilogo, il racconto di Martone è stato così dolce e visivamente poetico che sul finale riesce a lasciarti col nodo alla gola, ma allo stesso tempo con la forte emozione di aver conosciuto una parte di quel comico e uomo che fu Massimo Troisi. Mario Martone riesce a far percepire il suo amore nei confronti del cinema di Troisi, tratta con perfetta delicatezza la sua vita e la racconta senza filtri interessando lo spettatore e allo stesso tempo intrattenendolo e meravigliandolo.

“Laggiù qualcuno mi ama” è un ottimo prodotto, figlio della grande ammirazione di un regista napoletano nei confronti di un gigante del cinema italiano, soprattutto è una visione consigliata a appassionati del cinema di Massimo Troisi e non.

Recensione a cura di Edoardo Rossi